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Philibert De l’Orme: una nouvelle invention per il XXI secolo

Quando parliamo di originalità in architettura, ci riferiamo al corretto significato del termine e cioè non soltanto per parlare di qualcosa di innovativo che non si rifà a modelli precedenti, che non imita, ci riferiamo anche al significato relativo all’origine delle cose, originario. È proprio in quest’ottica che inquadrerei il lavoro sulla carpenteria di tavole messo in luce da De l’Orme a metà ‘500, un lavoro che fonda le sue radici all’origine dei metodi costruttivi ma che arriva fino ad oggi per la sua attualità d’impiego.

Philibert De l’Orme nasce a Lione nel 1514 e sin da bambino è stato a stretto contatto con il mondo delle costruzione poiché il padre era un mastro muratore. A metà cinquecento, quando la città francese conobbe una grande crescita per via delle sue attività fieristiche, tanto da divenire il centro bancario d’Europa, in un ambiente molto stimolante dal punto di vista intellettuale e artistico, si modellò la formazione dell'Architetto, intrisa del sapere artigiano e di una cultura generale classica. Nel 1533 partì alla volta di Roma, vi rimase per tre anni, studiando le rovine e le architetture rinascimentali delle maggiori città italiane. Il suo percorso si snodò non solo per la capitale, ma anche per Firenze, Mantova, Verona e Milano. A Roma incontrò il cardinale Jean du Bellay che, oltre a fornirgli il primo incarico importante a Parigi lo introdusse nell’ambiente degli scavi archeologici. Tornato in patria la sua formazione si rivelò essere di gran lunga superiore a quella dei suoi colleghi, questo gli valse l’etichetta di Architetto di maggior esperienza in questo campo. In quel periodo la Francia era ancora legata agli stilemi gotici e De l’Orme era alla ricerca di un suo personale linguaggio architettonico. Ricercò una sintesi basata sulla conoscenza delle antichità romane e sulle architetture dell’epoca italiane, tenendo in considerazione lo sviluppo sociale ed economico dei materiali, mantenendo come cardini della sua filosofia la simmetria e l’armonia classica.


Fra le sue opere troviamo: la progettazione di una galleria di collegamento presso l’Hotel Bullioud (1536) , il castello di Saint-Maur des Fosses (1544), il Castello di Anet con annessa Cappella che è la sua opera più rilevante, il Castello di Fontainebleau, lo Chateau Neuf, la sua abitazione privata e le tombe per Francesco I e Luigi XII, oltre ad altre numerose realizzazioni anche minori oggi andate perdute. Queste opere furono possibili perché il Re Enrico II, salito al trono nel 1547, nominò De l’Orme sovrintendente alle fabbriche di Francia, escluso il Louvre. L’incarico che ricevette fu di nuova concezione, infatti se per il Serlio (suo predecessore) la carica ricoperta era di Architecte du Roi, nel suo caso venne creata una nuova qualifica: il Suvrintendant des Batiments. Tutto ciò fu la sua benedizione ma anche la sua disgrazia, infatti durante il regno di Enrico II l’architetto si fece molti nemici fra i colleghi, e quando alla morte del Re nel 1559 egli perse il suo potere decisionale, non ricevette più incarichi professionali fino alla sua morte nel 1570.


Questo periodo di inattività però vide la realizzazione della sua opera più rilevante: le Nouvelles inventions pour bien bastir et a petit frais, comprendente un’opera più grande di cui il Premier Tome è solo una parte. Questo era un trattato di architettura differente rispetto alla trattatistica italiana perchè di carattere prettamente tecnico, dimostrando la grande conoscenza verso i materiali da costruzione da parte di questo grande Architetto (stereotomia delle pietre e legno). Nell’opera viene « ideata » una particolare carpenteria di tavole lignee sulla base dell’archetipo strutturale dell’arco.


Questa è formata da una coppia di archi ottenuti assemblando piccoli pezzi di legno precedentemente sagomati, come se fossero conci di pietra, e solidarizzati attraverso l’infissione forzosa di cunei di legno in aste trasversali.


Con questo trattato si evince la sua maniacale attenzione ai dettagli costruttivi, la sua propensione a vedere l’invenzione come un ricercatore moderno. Parla anche del legname che deve essere impiegato e dove lo si poteva trovare, ammette poi che tale carpenteria di tavole poteva essere realizzata anche con legni di essenze differenti.


I pezzi che compongono la struttura sono : le Courbes, conci curvi che compongono gli archi; le Liernes, aste che collegano perpendicolarmente due o più archi tra di loro ; le Clefs o chiavi, cioè i cuinei che vanno inseriti forzosamente nelle mortase predisposte nelle liernes ai lati degli archi; fra i componenti complementari troviamo: la plate-forme che è il dormiente dove poggiano gli archi; i coyaux che collegano l’arco con le gronde; i chevilles che sono piccoli cilindri che servono a solidarizzare la struttura in fase di assemblaggio.

I vantaggi di questa struttura lignea usata sia nelle coperture che nei solai di alcuni suoi progetti erano: la leggerezza (non servono muri spessi); non è previsto l’uso di chiodi o altro ferro (solo legno); uso di legname in piccoli pezzi di differenti specie; non servono grandi macchine per la movimentazione dei pezzi; non servono catene; minor impiego di materiale in copertura per via della forma dell’arco; non sono più necessari grandi alberi dai quali ricavare grandi travi; non sono necessari pilastri o archi rampanti per contenere le spinte laterali; si possono coprire grandi luci; possibilità di manutenzione o sostituzione immediata dei pezzi; possibilità di ricavare delle stanze nel sottotetto, le quali sarebbero servite come zona cuscinetto termico per gli ambienti sottostanti.



Dopo secoli di oblio, questa tecnica venne riscoperta agli inizi del 1800 in una pubblicazione di Detournelle, il quale usava la carpenteria delormiana nel progetto di un edificio, questo riportò in auge tale tecnica che venne impiegata successivamente in caserme e maneggi e persino da Etienne Louis Boullèe nel famoso progetto per la Biblioteca Reale del 1785.



Oggi questa tecnologia è stata indagata in una tesi di laurea del 2008 dal Prof. Franco Laner dello IUAV, gli studenti hanno realizzato concretamente la “capriata” delormiana e l’hanno poi sottoposta a prove strutturali, queste hanno rivelato la sconcertante robustezza della costruzione, per la quale si possono usare coefficienti di sicurezza pari a 7. Oltre a questi pregi e a quelli precedentemente elencati, si aggiungono quelli di economicità, trasportabilità ed eco-compatibilità richiesti nelle odierne progettazioni. In un periodo in cui il legno sta tornando alla ribalta come materiale da costruzione, questa innovazione di cinquecento anni fa entra prepotentemente nel nostro saper fare in attesa di un suo uso concreto.

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