ECONOMICITÀ, ETICA ED ESTETICA NELL’OPERA DI ADOLF LOOS
"Avrei avuto qualcosa da mostrare, cioè un’abitazione in cui i locali fossero distribuiti nello spazio e non sul piano come è stato fatto finora, un appartamento sopra l’altro. Grazie a questa soluzione avrei consentito all’umanità di risparmiare parecchio tempo e lavoro sulla via del progresso. Non esiste però il progresso per le cose ormai risolte. Esse hanno mantenuto la stessa forma attraverso i secoli, finché in seguito a una nuova scoperta non sono cadute in disuso e una nuova forma di civiltà non le ha radicalmente trasformate"
Tratto dallo scritto di Adolf Loos in memoria di Josef Veillich

Adolf Loos (Brno 1870 – Vienna 1933) è stato un Architetto appartenente alle file dell’avanguardia ma che ha percorso un suo proprio sentiero. Attraverso i suoi articoli e i suoi testi diventò il “negatore di Vienna” con il famoso “Ornamentund Verbrechen”. La sua opera spazia dalla critica culturale all’architettura, la cui concezione, come unità di forma e contenuto, si fonda sulla teoria ottocentesca della Tektonik di Karl Bötticher e su quella artistica di Gottfried Semper. Dopo la visita dell’esposizione colombiana di Chicago rientra in patria e inizia a scrivere articoli non soltanto legati al contesto architettonico, bensì ad ogni aspetto della cultura materiale dell’uomo moderno, infatti nella rivista Das Andere (l’altro) non tratta di arte. Sarà proprio nel 1898 che lascerà la Secessione ritenendo che rappresentasse un gusto ormai superato rispetto alla contemporaneità, la sua critica si basava sul fatto che essa creasse forme non sulla base della necessità della vita moderna, ma sulla facoltà individuale della fantasia. Dalla breve parentesi americana Loos capisce che il compito dell’architetto dovrà cambiare a favore della nuova società capitalista. Per lui l’architettura era una forma di mediazione sociale e gli oggetti creati dovevano servire per soddisfare i bisogni dell’uomo, al fine di costruire uno spazio antropico coerente con la tendenza democratica del tempo. Affermava che, una dopo l’altra, tutte le industrie si erano ritirate dal dominio dell’arte e che era arrivato il turno anche dell’architettura, essa non era più un’arte, infatti se l’arte riguarda lo spirito, l’architettura e l’artigianato dovrebbero servire scopi determinati.

Loos non era contro l’ornamento in modo categorico, per lui, doveva essere insegnato il disegno dell’ornamento classico nelle scuole, perché tale pratica, portava lo studente a padroneggiare l’equilibrio della composizione e a soddisfare le esigenze dei materiali. Al di fuori di questa funzione educativa, l’ornamento andava eliminato. Le componenti che escono dalla negazione loosiana all’ornato sono: maggiore economicità, spirito etico ed espressione estetica del proprio tempo; questi principi formano un tutt’uno nella sua teoria. L’ornamento è forza di lavoro sprecata, spreco di materiale e in definitiva anche di capitale. Ed è proprio su questa triade che si fonda la sua concezione architettonica, dalla dicotomia fra interno ed esterno fino al Raumplan.
Lo spazio quotidiano dell’uomo moderno deve essere progettato a partire dell’interno domestico, organizzando razionalmente i luoghi e definendo le relazioni d’uso tra l’individuo e gli oggetti. Considera la forma dell’abitazione in subordine rispetto alla costruzione della vivibilità interna. Dentro infatti, troviamo il massimo della ricchezza in rivestimenti e articolazione spaziale mentre i prospetti bianchi tacciono, rivolti alla tradizione viennese dalle superfici candide. Tutti i materiali sono sullo stesso piano nella loro purezza, il loro uso contribuisce a caratterizzare l’edificio in base alle sue funzioni e a precisare la fisionomia di ciascun luogo.

Infatti “l’arte e la bellezza e la bellezza dell’arte non sono un fine, ma il risultato di un costruire corretto, che viene incontro alle esigenze dei fruitori, comunicando loro attraverso la fisionomia della costruzione”, questa agisce poi sul sentimento e sullo spirito dell’uomo, suggerendo appropriati stati d’animo.
Adolf Loos persegue un principio di organizzazione spaziale basato sull’aggregazione cellulare di unità autonome connesse fra loro (chiamato Raumplan), come si può vedere in Villa Scheu, Casa Rufer, Villa Muller e nell’appartamento Stossler.
Questo modo di progettare è evidente quando egli deve definire, entro uno spazio determinato, diversi luoghi dell’abitare ai quali impone altezze differenti. L’incastro spaziale ad opera del Baumeister attraverso la concezione materica, la qualità dimensionale dei volumi e i rapporti cromatici dei rivestimenti è reso unitario dalla scala, una vera e propria sensazionale “passeggiata nello spazio”.

Loos materializza un modo di abitare ogni volta uguale e diverso allo stesso tempo, pensato specificatamente per il singolo abitante. Pensa in tre dimensioni raccontando lo spazio, e come per Villa Muller, esso non può essere rappresentato in tutto il suo significato con gli strumenti tradizionali del disegno, questi infatti seguono, e non precedono, il pensiero tettonico che è l’opera stessa, nessun disegno o fotografia può descriverne adeguatamente i contenuti. L’irriducibilità della composizione spaziale è stata colta dal musicista e amico di Loos: Arnold Schönberg, che descrive il grande scultore come: “colui che vede l’oggetto da molti lati contemporaneamente, il suo sguardo lo attraversa come se fosse di vetro; ci si dovrebbe comportare allo stesso modo con un’altra arte spaziale, con l’architettura”. Infine possiamo intuire come nel Raumplan si trovino le stesse componenti ideologiche della sua negazione all’ornamento, prima fra tutte l’economia dello spazio legata alla moderna ottimizzazione delle risorse, tema ancora oggi di grandissima attualità.